A.S.F.I. su ddl concorrenza
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Da un paio di mesi si sente parlare di un cosiddetto “ddl concorrenza” cioè di un disegno di legge governativo
che, nel rispetto di una legge, viene presentato ogni anno, ma che finora non ha sortito grandi novità nei vari
settori imprenditoriali. Quello della farmacia infatti è stato, in più puntate, oggetto di provvedimenti che
definirei vere e proprie picconate, piuttosto che “lenzuolate”, come usava chiamarle Bersani. Si, picconate
perché con il piccone non si costruisce ma si demolisce. Il sistema farmaceutico italiano infatti ha bisogno di
essere ricostruito dalle macerie nelle quali è stato ridotto. Ed in questo stato lo hanno portato l’immobilismo,
l’indifferenza, la superficialità o gli interessi di chi ne avrebbe dovuto disegnare il progetto.
Oggi però, dopo le indiscrezioni di Farmacista33, l’Associazione Scientifica Farmacisti Italiani non si può
più esimere dal fare alcune osservazioni. Prima non l’avevamo fatto per non allarmare e riscaldare gli animi,
nella convinzione che il buon senso prevalesse. Non va negato però che di un provvedimento il settore ha
bisogno, ma non di un provvedimento d’urgenza (qualcuno infatti ipotizza o spera che sia un decreto legge)
di fine anno.
Varie sono le ipotesi che sarebbero sul tavolo del Ministero dello sviluppo economico (MISE) rappresentato
dal Ministro Guidi. Si parla della ormai trita e ritrita fascia C (rectius classe C) senza però definire a quali
condizioni e su quali prodotti. Ricordiamo infatti che quando se ne parlò con il “salva Italia” del 2011, erano
esclusi gli iniettabili, gli ormoni, gli stupefacenti ed i medicinali con ricetta non ripetibile, quasi che, se venduti
in parafarmacia, costituissero un pericolo per la salute. Perché non insorsero allora i titolari delle
parafarmacie?
Tra le indiscrezioni vi è anche quella di considerare il numero delle farmacie, quale risultato del rapporto
abitanti/3300, come numero minimo di farmacie. Ma cosa vuol dire questo: che se il numero delle farmacie
scendesse sotto questo minimo – aspetto che forse al MISE non hanno nemmeno preso in considerazione,
come se tutti non aspettassero altro che aprire la seconda o la terza farmacia in un centro di 2000 abitanti –
quelle mancanti chi le dovrebbe aprire? Il comune, forse, e con quali risorse? Se poi il numero massimo
dovesse di conseguenza scomparire, sarebbe più semplice parlare di liberalizzazione totale. Perché questo
sarebbe l’effetto. Ulteriori voci citano anche ritocchi al quorum, da portare ai livelli della Grecia.
E’ di questa mattina la notizia di un comunicato del Sottosegretario del MISE Simona Vicari (non ancora
presente sul sito del Ministero) che tranquillizza rifacendosi alle parole del Presidente del Consiglio Renzi
che, in effetti, aveva dichiarato che il problema della concorrenza in generale sarebbe stato discusso nel 2015.
A.S.F.I. sente però che qualcosa dovrà succedere, anche perché la situazione in atto assomiglia ad una
costruzione alla quale sono stati tolti dei mattoni o sia stata sopraelevata senza preoccuparsi della stabilità
dell’edifico. La problematica delle parafarmacie ci è ben chiara e – anche se noi avremmo fatto scelte diverse
– deve pertanto trovare uno sbocco, condiviso e razionale. L’auspicio che mi sento di fare è che il Governo si
renda conto che tutto il sistema concernente, non solo la dispensazione dei medicinali, ma anche la loro
classificazione ai fini della fornitura al pubblico, merita un approfondimento meditato e globale che
comprenda anche il metodo di remunerazione e l’annosa questione della distribuzione diretta che ormai è
sfuggita di mano al Governo stesso. Non si può proporre inoltre una liberalizzazione, esplicita o camuffata,
senza conoscere quante, delle 2500 farmacie a concorso, verranno aperte e “se” verranno aperte, alla luce dei
ricorsi e delle rettifiche di errori a graduatoria già pubblicata nelle poche regioni in cui la procedura
concorsuale si è conclusa.
13 dicembre 2014 Maurizio Cini