SULLE “AUTOANALISI” IN PARAFARMACIA – UNA LEGGE REGIONALE SUPERFLUA ED UNA SENTENZA “FUORI CONTESTO”
Nei giorni scorsi è stata data notizia della sentenza della Corte Costiuzionale n. 66/2017 con la quale, su istanza della Presidenza del Consiglio, si è pronunciata in merito alla legge regionale Piemonte 16 maggio 2016, n. 11 la quale, modificando la legge regionale n. 21/1991, aveva introdotto la facoltà per le “parafarmacie” di erogare solo alcuni dei servizi previsti dalla legge n. 69/2009, dal decreto legislativo n. 153/2009 e disciplinati con il D.M. salute 16 dicembre 2010 (in G.U. n. 57/2011). La novità introdotta in Piemonte limitava i servizi erogabili alla determinazione del colesterolo totale, della glicemia e dei trigliceridi. In buona sostanza sembra che la regione avesse voluto dare una sorta di benefit alle “parafarmacie” senza però concedere “tutto”.
Perché ho definito la legge piemontese “superflua”, ma direi anche “dannosa”? Il motivo sta nel fatto che per eseguire i test autodiagnostici occorre utilizzare apparecchiature certificate proprio per “autoanalisi”, come previsto dal D.M. del 2010:
Limiti di applicazione
Ai fini del presente decreto, per prestazioni analitiche di
prima istanza mediante l’utilizzo di dispositivi per «test
autodiagnostici», devono intendersi test che in via ordinaria sono
gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a
domicilio, ovvero in caso di condizioni di fragilita’ di non completa
autosufficienza, possono essere utilizzati mediante il supporto di un
operatore sanitario, presso le farmacie territoriali pubbliche e
private.
Non esiste norma, nazionale o regionale, che vieti di mettere a disposizione apparecchi di autodiagnosi in qualunque luogo idoneo e, a tale proposito, lo stesso D.M. del 2010 all’art. 4 recita:
- Le farmacie pubbliche e private, per l’effettuazione delle
prestazioni e l’assistenza ai pazienti che in autocontrollo fruiscono
delle prestazioni di cui agli articoli 2 e 3, utilizzano spazi
dedicati e separati dagli altri ambienti, che consentano l’uso, la
manutenzione e la conservazione delle apparecchiature dedicate in
condizioni di sicurezza nonche’ l’osservanza della normativa in
materia di protezione dei dati personali di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in base a linee guida fissate
dalla Regione.
La norma nazionale infatti disciplina l’attività nelle farmacie ma non ne vieta l’utilizzo, con le stesse precauzioni, in altri luoghi. Inoltre i principi previsti dalla legge del 2009 non sono ancora stati attuati in nessuna regione o ASL. Di conseguenza, attualmente, le prestazioni eseguite nelle farmacie avvengono in ambito privato mentre l’intenzione, non ancora attuata, del legislatore del 2009 era quella di farle erogare a carico del SSN. Ne consegue che le farmacie si mettono sul piano “privato” per le prestazioni che erogano anche se non comprese in quelle di cui al D.M. del 2010 a condizione che l’apparecchiatura utilizzata sia certificata come dispositivo medico per autodiagnosi o autotrattamento. Ne consegue che, alle stesse condizioni, tali prestazioni possono essere eseguite in qualsiasi luogo (mancando un divieto espresso) con le precauzioni logiche della salubrità dell’ambiente e della salvaguardia della riservatezza.
La Corte Costituzionale non ha tenuto conto di queste elementari considerazioni ma, forse, ha voluto escludere che, un giorno, le parafarmacie possano vantare diritti di convenzionamento con il SSN. A mio avviso questo “pericolo” non esiste in quanto la legge sui servizi fa unicamente riferimento alle farmacie.
Se da un lato è auspicabile che le prestazioni sanitarie, come la determinazione dei parametri ematologici, avvengano in un ambiente sanitario quale è la farmacia, il fatto stesso che le apparecchiature usabili in farmacia, per norma ministeriale, debbano essere certificate per autoanalisi, e quindi acquistabili da parte di chiunque ed utilizzabili in ambiente domiciliare, è alla base del mio ragionamento di cui sopra.
BUONA PASQUA DA ASFI
14 aprile 2017